di Stefano Iucci
L’Italia ha perso il 25 per cento del proprio sistema produttivo perché produce beni e servizi poco innovativi. Anni di continui tagli al settore della conoscenza hanno significato precariato e rinuncia a innalzare i livelli di istruzione e formazione e a sostenere la ricerca, mentre come sostiene Confindustria un livello d’istruzione come quello dei paesi più avanzati in 10 anni consentirebbe di avere un incremento del Pil di 234 miliardi. Sono queste le cifre di riferimento su cui si è mosso Mimmo Pantaleo, segretario generale della FLC, nella sua relazione di apertura al III congresso della FLC, il sindacato della conoscenza della Cgil, che si è aperto questa mattina (10/4) alla Città della Scienza di Bagnoli (Na), luogo simbolo dei disastri e anche delle grandi potenzialità di questo paese.
Una relazione a tutto campo, che ha spaziato, dalle questioni aperte nel comparto – blocco degli stipendi e della contrattazione, pensioni, tagli e privatizzazioni – alle grandi questioni che il paese sta affrontando nella “grande crisi” che non accenna a frenare, fino alla necessità che il sindacato cambi se non vuole perdere contatto col mondo che intende rappresentare. Nel corso del suo intervento Pantaleo ha più volte detto che proprio dal sapere e dalla conoscenza l’Italia deve ripartire, per uno sviluppo “giusto” e di qualità. “Il punto di partenza – ha detto – è quello di definire un progetto complessivo sostenuto da investimenti pari ad almeno 20 miliardi in 5 anni che è il differenziale che ci separa dall’investimento in istruzione, formazione e ricerca dei Paesi Ocse”.
Pantaleo, nel riconoscere che la sfida che Renzi pone al sindacato è reale, ha insistito sulla fallacità del modello dell’uomo solo al comando, così come ha stigmatizzato “i continui tentativi di svilire il ruolo dei sindacati”. “È francamente inaccettabile – ha detto – non riconoscere la funzione dei sindacati nel garantire il progresso sociale, civile e democratico. Tuttavia, ha scandito, “non possiamo ignorare e non comprendere che l’inadeguatezza della rappresentanza sociale è un dato reale. L’interrogativo di fondo a cui dobbiamo rispondere è con quali innovazioni intendiamo affrontare la crisi della rappresentanza nel mutato scenario istituzionale, politico e sociale. Resto convinto della necessità di una forte discontinuità con le pratiche del passato. Serve un cambio di passo per ridare un rinnovato senso alla funzione confederale e generale della Cgil senza della quale rischiamo di essere condannati all’irrilevanza sociale”.
Per Pantaleo questo necessario cambio di passo deve riguardare anche il rapporto con i lavoratori e le nuove forme di democrazia necessarie per il loro coinvolgimento: “Si accentua un conflitto sempre più evidente tra le forme della democrazia rappresentativa e quella diretta. Ciò è il frutto della sfiducia nelle istituzioni della democrazia rappresentativa, nella politica e nella stessa rappresentanza sociale. Il sindacato parla a sempre meno lavoratori, e questi si sentono estranei alle scelte contrattuali e rivendicative. Di conseguenza una nuova e più estesa rappresentanza sociale del lavoro comincia con l’aprire spazi a reti di partecipazione in forme nuove, dal basso, nei territori e sui posti di lavoro”.
In tema di rappresentanza per Pantaleo sono stati fatti con l’accordo di gennaio degli indubbi passi avanti, tuttavia il segretario della FLC si dichiara critico rispetto al “non aver fatto una discussione preventiva”. Bisogna dunque essere conseguenti “rafforzando le regole democratiche nella nostra organizzazione e stabilendo che ci deve essere obbligatoriamente il mandato preventivo degli organismi dirigenti della Cgil per sottoscrivere accordi, i quali vanno poi sempre sottoposti al voto dei lavoratori”. Positiva la consultazione sul testo unico che “deve essere vincolante per tutti”; tuttavia, per il leader della FLC, ci sono dei punti del testo unico sui quali, in fase di applicazione dell’intesa, “bisognerà mettere dei paletti e assumere dei precisi orientamenti che tengano conto delle critiche e delle preoccupazioni emerse nei congressi e nella consultazione delle categorie”.
“Le sanzioni – ha detto Pantaleo – non possono riguardare i delegati perché i loro diritti sono legati al voto dei lavoratori e non in capo alle organizzazioni sindacali. Anche gli accordi aziendali devono essere sottoposti al voto vincolante dei lavoratori. Nella fase transitoria, fino al rinnovo dei contratti, l’arbitrato deve essere attivato unicamente per evitare forzature nell’applicazione dell’intesa. Se si assume quella interpretazione del testo unico e quella linea di comportamento, sono certo che, oltre a rafforzare l’unità della Cgil, possiamo rendere ancora più forte l’intesa agli occhi dei lavoratori”.
Tra i temi su cui in casa FLC più vivace è stato il dibattito c’è quello che riguarda il reddito minimo garantito, che per Pantaleo è ormai necessario: “Bisogna ripensare a un sistema di welfare a carattere universale, perché quello attuale esclude sempre più persone dall’accesso ai servizi e dalla tutela del reddito. Contratti inclusivi, estensioni degli ammortizzatori sociali e welfare sono sempre più indissolubilmente legati tra di loro. Di fronte alla modifica dei rapporti tra lavoro e non lavoro, tra reddito e lavoro, tra cittadinanza e lavoro non possiamo rimanere aggrappati al vecchio modello industrialista che non esiste più”.
Rispetto agli argomenti che riguardano più direttamente i comparti della conoscenza, per il segretario della FLC occorre valorizzare le professionalità presenti lasciando però alle spalle l’idea competitiva del “merito” che la nuova ministra Giannini sembra ancora voler perseguire sulla scia dei suoi predecessori. “Se si vogliono affrontare temi complessi come carriere e valutazione, la sede è il contratto nazionale stanziando le risorse necessarie – ha osservato –. Se, invece, la ministra ha in mente di utilizzare le poche risorse per premiare alcuni e penalizzare tutti gli altri, allora troverà la nostra decisa e ferma opposizione. Il riconoscimento del merito nel lavoro è una cosa seria, ma presuppone condizioni salariali dignitose come base di partenza per tutti”.
A questo proposito per Pantaleo "sono sicuramente positive le misure decise dal Governo sul fisco. Dopo molti anni è la prima volta che un Governo restituirà soldi in busta paga come richiesto dalle organizzazioni sindacali". "Valuteremo, quando si passerà dagli annunci ai fatti, come saranno applicate le misure e individuate le coperture finanziarie", ha aggiunto. Per quanto i comparti della conoscenza "riteniamo inaccettabili gli interventi prospettati su valutazione, incentivi alle università, revisione del contratto degli insegnanti e reclutamento di dirigenti e docenti". "La riduzione del peso fiscale sul lavoro, tuttavia, non può esaurirsi negli 80 euro - ha detto il sindacalista -, ma questo deve essere considerato un primo passo verso la redistribuzione della ricchezza. Senza una patrimoniale e una seria lotta all’evasione fiscale difficilmente si potrà ridurre strutturalmente il carico fiscale su lavoratori e pensionati e trovare le risorse per finanziare il piano del lavoro".
Infine, il sindacalista, ha ricordato le proposte su cui la FLC continuerà la sua azione politica e sindacale. Tra di esse, “la generalizzazione della scuola per l’infanzia”, il riconoscimento che l’asilo nido “è un diritto per tutti” e l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni. Inoltre, “bisogna ripristinare il biennio unitario e cancellare la possibilità di assolvere l’ultimo anno di obbligo scolastico nell’apprendistato, che con il decreto del governo sul mercato del lavoro perde, come ho già detto, qualsiasi contenuto formativo. L’alternanza scuola-lavoro deve essere riportata alla sua natura di percorso formativo progettato su obiettivi di apprendimento”. Per università ed enti di ricerca, ha detto Pantaleo, “occorre mettere mano a un nuovo sistema di reclutamento in tutti comparti ripristinando il turn over al 100% nelle università e negli enti pubblici di ricerca”.
In conclusione: una situazione difficile in un contesto complesso. Ma gli spazi ci sono, purché nulla sia dato per scontato, a cominciare dal modo stesso in cui la Cgil interpreterà il suo modo di fare sindacato. Nel presente e nel futuro, a cominciare "dalla necessità di rilegittimare il conflitto per riconquistare il protagonismo sociale senza il quale il sindacato perde forza e autorevolezza".